Genitori e figli: istruzioni per l’uso

Genitori e figli: istruzioni per l’uso

Un titolo ambizioso quello di oggi, Genitori e figli: istruzioni per l’uso
e aggiungo
Sottotitolo: Del perché motivare i figli è meglio che punirli.

ATTENZIONE: Post ad alto contenuto informativo per genitori che desiderano instaurare un rapporto sereno e motivante con i propri figli tale da essere i loro ispiratori e supporter anziché i loro istitutori.

Ho scoperto il modo più fantastiglioso di porsi nei confronti dei figli per crescerli.

Excursus teorico utile a capire:

Educare, crescere, insegnare sono tre compiti cui andiamo incontro quando mettiamo al mondo un bambino. Viviamo in una società la cui organizzazione non pone i bambini al centro, non coadiuva neppure al meglio coloro che li accudiscono.

Ad un certo punto i bambini vanno a scuola, tuttavia, si tratta di un luogo deputato al sapere istituzionale, a programmi ministeriali da seguire. Il “grosso” dell’educazione di un bambino spetta al suo nucleo familiare.

Ogni mamma e ogni papà, salvo rari casi patologici, è sempre volto a fare il massimo e il meglio che può per i suoi bambini.

Questo per sottolineare che ciascun genitore affronta un compito arduo con le migliori intenzioni.

Una teoria tutt’ora applicata con successo all’insegnamento è quella cognitivo-comportamentale. L’apprendimento è determinato dalle conseguenze delle nostre azioni.

Se una risposta ad uno stimolo esterno, vale a dire un nostro comportamento in una determinata situazione, produce delle conseguenze che percepiamo come positive, o l’eliminazione di una preesistente condizione negativa, allora quel comportamento si dirà rinforzato, ciò significa che aumenteranno le probabilità di riprodurre quello stesso comportamento in futuro.

Detto in parole povere se vediamo che una certa azione ci fa stare bene perché l’ambiente ci risponde in maniera positiva, agiremo di nuovo il medesimo comportamento in futuro quando se ne presenterà l’occasione, perché abbiamo appreso che ne otteniamo qualcosa di buono.

Su questa modalità si basa ampiamente il modo di insegnare, anche tanti elementi della nostra società funzionano su questi principi.

Lavoriamo per ottenere uno stipendio.

Ci ringraziano quando porgiamo qualcosa a chi ce lo ha chiesto.

Esiste però anche l’aspetto opposto.

Se un nostro comportamento non produce effetti positivi o peggio produce l’eliminazione di effetti positivi preesistenti o peggio effetti negativi, allora quel comportamento dovrebbe essere via, via, estinto si dice tecnicamente, vale a dire che nel tempo non metteremo più in atto una certa azione se non ha prodotto per noi qualcosa di buono.

Questo se la mente umana fosse liscia e semplice potrebbe funzionare sempre al 100%. Con tutto che siamo creature complesse in genere funziona. Tuttavia c’è qualcos’altro da tenere in considerazione.

Bisogna tenere conto di una variabile determinante che potrebbe

  1.  vincere anche sul fattore conseguenze rinforzanti o meno.
  2. scontrarsi con le conseguenze imposte a un nostro comportamento e entrare in conflitto con esse procurandoci disagio a breve e/o lungo termine.

La motivazione

Questo grande motore è la MOTIVAZIONE.

La motivazione è una spinta interiore ad agire per qualcosa di cui sentiamo il bisogno. Un’approfondita analisi della motivazione è stata fatta da Maslow ormai qualche annetto fa. Negli anni ’40 infatti concepì il concetto di “gerarchia dei bisogni” enunciandolo nel suo famoso testo “Motivazione e personalità”.

Maslow suddivise in bisogni in base alla loro urgenza per gli esseri umani.

Abbiamo prima di tutto bisogno di saziare i nostri bisogni cosiddetti fisiologici: fame, sete etc.

Una volta che questo aspetto è soddisfatto la nostra attenzione andrà a un livello di bisogni superiore, definito bisogno di sicurezza e protezione, ne sono parte ad es. il bisogno di essere in salute, di sicurezza fisica, di proprietà. Dopo arriva il bisogno di appartenenza, inteso come bisogno di affetto, di indentificarsi con il proprio gruppo. Riguardano questo gruppo di bisogni l’amicizia e la famiglia.

Un gradino più su c’è il cosiddetto bisogno di stima, in cui rientra anche la stima per se stessi. Si arriva poi al vertice della piramide con il bisogno di realizzare se stessi, la propri identità.

Le motivazioni sono intese come base dello sviluppo individuale.

Nei nostri comportamenti siamo mossi dalla motivazione.

Fine excursus.

A cosa mi è servito?

Per dire che alcune modalità di porsi nei confronti dei figli non sono le più felici né per i genitori né per i figli.

Purtroppo mi rendo conto ascoltando le persone intorno a me che è ancora diffuso trattare i bambini come incompetenti, rivolgersi a loro parlando di punizione, minacciarli e in casi purtroppo non troppo rari sconfinare nell’ancor più abominevole azione di picchiarli.

Cosa può portare tutto questo se non grande infelicità nei bambini, ma anche nei genitori e nelle relazioni famigliari?

C’è però una risposta.

Porsi nei confronti dei propri bambini, come un coach si pone nei confronti della persona che supporta.

Inforcare gli occhiali positivi del guardare alle potenzialità, adoperandosi per aumentare la consapevolezza, la responsabilità e la fiducia nei nostri bambini.

Sentirsi oppressi, sentirsi ripetere che si incorre in una punizione non fa che indispettire, frustrare e innalzare il livello di stress minando il benessere a livello sia fisico che psicologico.

Restituire ai bambini consapevolezza e responsabilità li aiuterà a crescere e incrementerà il loro livello di fiducia.

Ecco alcuni elementi utili:

1. Bandire il termine punizione. Punire serve solo ad abbassare la motivazione e ad accrescere la frustrazione. È una modalità errata di porsi.

2. Spiegare ai bambini sempre il perché delle cose. Dire “Non si fa” senza dare una spiegazione è un modo errato, non consente di capire e di crescere.

La sequenza esatta è: così non va perché….., il modo giusto di fare è…….. perché………….. Conoscere il motivo del perché si fa una certa cosa è fondamentale.

Ci vuole più tempo? Sì. Pazienza. È il miglior tempo da investire. Ne vale davvero la pena.

3. Usare il rispecchiamento e l’empatia. Come vorremmo essere trattati noi in una certa situazione? Se abbiamo commesso un errore come vorremmo che reagisse chi ci ama? Sicuramente vorremmo consolazione, aiuto e supporto.

4. Siamo collaborativi, anziché imperativi. “Aiutami a fare questo, tu occupati di questa cosa qui io farò quest’altra” anziché “Fai questo se no sono guai!”.

5. Quel che diamo ci torna indietro. Se siamo gentili, insegneremo la gentilezza. Se siamo rispettosi, insegneremo il rispetto. Attraverso le azioni, più che con le parole.

6. Incentiviamo i nostri piccoli sottolineando i loro successi.

Riassumendo:

Motiviamo

Ascoltiamo

Trattiamoli come competenti e capaci

Rispettiamoli

Voi come siete con i vostri figli?

Li considerate competenti?

Sapete motivarli?

Se non è così provate a poco a poco a virare verso questa modalità “genitore-coach” e ditemi come migliorano le cose!

Davvero, si sta tutti meglio ^_^

 

Un modo bello per comunicare con i bambini sono le fiabe. Qui trovi i miei libri per aiutarti in questo senso.

 



Rispondi