Significato della fiaba di Cappuccetto rosso
Oggi ti parlo del significato della fiaba di cappuccetto rosso
La fiaba
La fiaba di Cappuccetto rosso, come molti altri racconti classici, affonda le sue radici in epoche molto antiche, soprattutto per quanto riguarda le versioni orali.
In periodi più recenti è stata raccontata, per citare i più famosi da Perrault e dai Grimm. La versione di quest’ultimi è, credo, la più diffusa, quella che prevede la bambina che si avvia nel bosco col suo cappuccio rosso regalatole dalla nonna, da cui si deve recare in visita su suggerimento materno per portarle vino e focacce.
Cappuccetto rosso, la bambina prenderà il nome del suo indumento preferito, si lascerà distrarre dal lupo che la invita, appunto, a distrarsi nel bosco a guardare i fiorellini e ad abbandonare il suo precedente proposito di raggiungere velocemente la casa della nonna.
Sarà invece il lupo ad arrivare per primo dalla nonna, di cui prenderà il posto dopo averla mangiata. Cappuccetto pur mostrandosi dubbiosa, “nonna che bocca grande che hai!”, si lascerà predare e sarà mangiata a sua volta.
Tutto sembrerebbe perduto, cosa che accade nella versione di Perrault dove nonna e nipote restano per sempre nella pancia del lupo, invece nella versione dei Grimm passava di lì un cacciatore…
Quest’ultimo inizialmente pensa di uccidere il lupo, poi dubbioso sul fatto che possa aver mangiato una preda, usa le forbici per tagliarli la pancia, lasciando così uscire nonna e nipote.
Simbologie dei personaggi e dell’ambientazione
La casa di cappuccetto rosso è il regno dell’infanzia dove la mamma offre nutrimento e buoni insegnamenti, che saranno disattesi.
La mamma è più saggia di cappuccetto, ma cappuccetto ha bisogno di fare il suo percorso per poter maturare.
Il bosco è simbolo dell’inconscio, in questo caso la ragazzina si perde nelle rappresentazioni degli aspetti materiali e superficiali della vita, distraendosi dal suo percorso evolutivo.
Il lupo rappresenta gli istinti più carnali e materiali, come ad esempio quello di riempirsi la pancia a dismisura, da quale si può venire fagocitati.
Il cacciatore è l’aiutante, un elemento che consente di fare quel passo evolutivo che appariva impossibile.
Significati
La fiaba di cappuccetto rosso è legata, anche nel colore, al passaggio da infanzia ad adolescenza nelle fanciulle.
Rappresenta un percorso in cui il bosco, il percorso evolutivo, le sue tentazioni e i suoi misteri, sono attraenti per la fanciulla, che però rischia di perdersi in determinati aspetti più basici del mondo fisico e non compiere il necessario percorso di crescita.
È solo grazie al giungere di un adeguato step evolutivo che diventa possibile questa “rinascita”, come ben rappresentato da nonna e nipote che escono dalla pancia del lupo, dall’infanzia alla successiva tappa della vita: l’adolescenza.
Insegnamento
Nella fiaba, soprattutto in letture più pedagogiche si vuole comunicare l’importanza di mantenere la “retta via” di non dar retta a sconosciuti o alle tentazioni.
A un livello più profondo credo si possa identificare l’insegnamento che è necessario “non perdersi” nel bosco da intendersi come mondo materiale dei bisogni fisici, i fiori che rallegrano la vista e l’olfatto, il lupo con la sua necessità di nutrirsi, o anche l’aspetto sessuale.
Crescere significherebbe quindi riuscire a mano, a mano che certi bisogni emergono, diventarne consapevoli e viverli ma senza caderne vittima.
Rivisitazioni creative utili
Mi piacciono molto talune rivisitazioni creative della fiaba di Cappuccetto rosso. Come la fiaba vista dal punto di vista di un altro personaggio, ad esempio da parte del lupo.
Bellissimo il percorso dei due personaggi che diventano amici nelle illustrazioni di Fiabolarte.
O versioni in cui una evoluta ed ironica cappuccetto non ci casca assolutamente nelle grinfie del lupo come accade nella versione di Marjolaine Leray.
Leggi i significati di altre fiabe
Ho scritto alcuni libri di fiabe per parlare ai bambini di temi difficili o delicati:
La fiaba, in generale, è bella perchè si presta a molte interpretazioni e si può studiare da ogni angolazione, ma tentare di dare un significato “moderno” e “borghese” a un racconto che è vecchio, con tutta probabilità, di millenni, a mio avviso, è sbagliato. E’ evidente, per chi ha anche solo un’infarinatura di mitologia e di usi e costumi dei popoli pre-cristiani indoeuropei (e non solo), che la fiaba di Cappuccetto Rosso narra la vicenda di una vittima sacrificale (in tempi antichi, si usava sacrificare vergini e fanciulli alle divinità per propiziarsele e il segno distintivo era l’abito rosso). La religione cristiana e l’evolversi della società ha poi fatto abbandonare queste pratiche cruente, passando dai sacrifici umani a quelli di animali fino alla cerimonia eucaristica, durante la quale i fedeli si nutrono simbolicamente del corpo e del sangue di Cristo (la vittima sacrificale per eccellenza) attraverso il pane e il vino che, guarda caso, è il contenuto del cestino che Cappuccetto rosso deve portare alla nonna (la focaccia è un tipo di pane). Il lupo, da sempre, è l’emblema della forza selvaggia, oscura e pericolosa. Nel mito norreno, i giganti-lupo sono i più aggressivi e pericolosi e, nel Ragnarok (l’Apocalisse norreno), il gigante-lupo più cattivo di tutti, Fenrir, figlio di Loki,si libererà dalle sue catene e divorerà Odino, il padre degli dei nordici, riportando il Caos. Anche la nonna, nella versione che conosciamo, non sembra una vecchina qualsiasi, dato che vive nel cuore della foresta in una casa vicino a tre querce e sotto una macchia di noccioli, piante che gli antichi consideravano sacre, care a Thor, il dio del tuono e del fulmine. Questo potrebbe qualificarla come la Dea della foresta che, nelle fiabe, viene rappresentata spesso come una anziana donna che vive in una casetta in mezzo al bosco. Il cacciatore della versione dei Grimm, poi, che si avvicina al letto della nonna e vede il lupo che “cercava da tempo” e di cui, una volta morto, prende la pelle, ricorda molto un Úlfheðinn (letteralmente, «vestito di lupo»), che era un guerriero della mitologia norrena. Così come dice il nome, questi leggendari guerrieri si coprivano esclusivamente con la pelle del lupo da loro ucciso ed erano famosi grazie al loro impeto che, per la mitologia, veniva ceduto loro dal dio Odino e dall’animale totemico di cui indossavano la pelle, il lupo. In questa fiaba, il Caos, favorito dal comportamento ingenuo e leggero della protagonista, che si allontana dalla retta via, viene sconfitto dall’Ordine riportato dal cacciatore, con la collaborazione della nonna (la Dea della foresta) e della bambina stessa che, una volta liberate, aiutano l’uomo a sbarazzarsi del lupo. La morale finale (“Mai più correrai sola nel bosco, lontano dal sentiero, quando la mamma te lo ha proibito”) può essere intesa come un monito a non violare le regole che si dà la comunità (rappresentata dalla mamma), che per i nostri antenati erano fondamentali per garantire l’Ordine e non indispettire gli dei. Le versioni odierne, dove il lupo diventa amico di Cappuccetto rosso e tutti, cacciatore incluso, mangiano i dolcetti e bevono il the a casa della nonna non sono assolutamente di mio gusto, dato che si tenta di edulcorare e banalizzare una storia che, invece, è antica, profonda, oscura e ricca di simbolismi e misticismo.
Grazie per questa tua analisi, davvero interessante.